di Rossella Muroni, Sociologa ed Ecologista
Molte persone non avevano e non hanno familiarità con i meccanismi del mercato libero e le varie tariffe disponibili. Inoltre, il rischio di incorrere in contratti poco chiari o in truffe è aumentato, considerando che la capacità di analizzare le offerte spesso è limitata, a causa della mancanza di informazioni chiare o di una scarsa alfabetizzazione digitale. Ma non è solo una situazione contingente quella che ci ricorda il rapporto difficile tra le persone e il tema energia; ben 350 euro in più sulle bollette di energia elettrica e gas: è questo l’aumento che una famiglia tipo con contratto di fornitura a prezzo indicizzato nel mercato libero dovrà affrontare nel corso del 2025.
La stima arriva da Facile.it, che analizzando le previsioni sull’andamento del prezzo delle materie prime, ha calcolato come la bolletta 2025 potrebbe arrivare a superare i 2.930 euro, vale a dire quasi il 14% in più (13,6%) rispetto a quella, già salata, del 2024 (2.583 euro).
Secondo l’ultimo Rapporto sullo stato della povertà energetica in Italia curato dall‘OIPE, la povertà energetica è diffusa su tutto il territorio nazionale, con picchi in alcune regioni come la Calabria, dove arriva al 16,7% a fronte di una media dell’8,5%, e sono soprattutto le persone fragili a essere esposte. Parliamo di anziani, bambini e stranieri. Il Rapporto presenta un’indagine della Fondazione Di Vittorio su 824 persone over 65 residenti in 86 Comuni periferici e ultra periferici distribuiti su tutte le regioni italiane. Ne emerge che 11 anziani su 100 sono classificati come “poveri energetici”, secondo un criterio che comprende chi, oltre ad avere difficoltà economiche, ha anche case inefficienti dal punto di vista energetico.
La quota dei poveri decresce rapidamente all’aumentare del livello di istruzione, passando dal 61,4% di coloro che non hanno alcun titolo di studio al 5,4% osservato tra i diplomati. Un trend simile, si osserva tra i vulnerabili. L’occupazione prima del pensionamento mostra come i poveri siano sovra-rappresentati tra ex-artigiani e casalinghe e – in misura meno accentuata – tra gli operai. Diversamente, gli ‘altri’ vanno a saturare il gruppo di intervistati che svolgeva professioni impiegatizie (84,6%).
Rispetto al tipo di pensione percepita, la povertà ha un’incidenza maggiore tra coloro che non percepiscono una pensione da lavoro (38,1% di poveri) e tra quelle categorie che, beneficiando di emolumenti quali la pensione di invalidità, l’indennità di accompagnamento, la pensione sociale e la reversibilità, sono in una condizione di fragilità economica e/o di salute. L’indagine mostra una associazione forte tra gli indicatori di povertà energetica e gli indicatori medico-sanitari.
Strettamente collegata alle condizioni di salute infatti è la possibilità di mantenere una temperatura confortevole nell’ambiente domestico nei periodi dell’anno con un clima più rigido o più caldo. In termini generali, 6 poveri su 10 non vivono in una situazione confortevole, con temperature domestiche troppo alte o troppo basse. Si tratta di una condizione che nella quasi totalità di poveri e vulnerabili è dovuta a spese eccessive per il riscaldamento o il raffreddamento della casa.
I bonus energetici, strumenti che sulla carta avrebbero dovuto limitare e contrastare questi fenomeni, sono stati fruiti solo da 30% delle famiglie che avevano diritto. Una percentuale che dimostra come la misura, seppur importante, non ha sortito gli effetti sperati e non ha coinvolto tutte le persone che ne avevano bisogno. Molti degli aventi diritto non ne hanno effettivamente fatto richiesta e che una parte rilevante delle famiglie che sono in condizione di povertà energetica ne resterebbe comunque fuori, data l’architettura complessa della misura e il complicato iter amministrativo per attivarla.
Si rende pertanto necessario rafforzare questo strumento allargando la platea dei beneficiari, aumentando l’importo dei bonus e semplificando le procedure burocratiche che li regolano. Allo stesso tempo occorre anche puntare maggiormente sulle misure volte ad accrescere l’efficienza energetica delle abitazioni che consentono di abbattere la spesa riducendo i consumi di energia. Anche le comunità energetiche appaiono una soluzione efficace soprattutto per uscire da un “isolamento energetico” del singolo realizzando un processo collettivo di efficientamento, consapevolezza e risparmio.
Insomma la povertà energetica non è un destino ineludibile ed ancora una volta è la transizione energetica fatta nel segno delle rinnovabili, del risparmio e dell’efficientamento che può davvero renderci un Paese più giusto.
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