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Approvazione Nature Restoration Law: cosa c'è, cosa manca

19 Luglio, 2023

di Rossella MuroniSociologa ed Ecologista

Nel suo ‘Come essere un buon antenato’ Roman Krznaric invita il lettore a riacquisire e rafforzare la capacità di immaginare il futuro e reinventare la democrazia, la cultura e l’economia in modo da creare un mondo migliore per le generazioni che verranno. È esattamente questo lo sforzo che l’Unione Europea sta facendo con la Nature Restoration Law, un regolamento che non solo vuole tutelare la natura, ma la cui ambizione è di ripristinarla dove è degradata.

 

La buona notizia è che la plenaria del Parlamento europeo (il 12 luglio scorso) ha approvato la proposta di regolamento sul ripristino della natura, dando così il suo via libera al mandato per i negoziati in sede di trilogo. La saldatura dunque tra conservatori del Ppe e destra europea non è riuscita ad affossare questa normativa che è un tassello fondamentale del Green Deal europeo, nonché un modo per rispettare gli impegni internazionali delineati nel Quadro globale per la Biodiversità delle Nazioni Unite di Kunming-Montreal.

 

Ma la maggioranza è stata davvero risicata: 336 voti favorevoli (Socialisti & Democratici, sinistra GUE/NGL, Greens, M5S e anche alcuni popolari), 300 contrari (centrodestra e destra: Ppe, Ecr e Id) e 13 astenuti. Ma il prezzo pagato per salvare la Nature restoration law è stato un suo sostanziale indebolimento, visto che il Parlamento ha emendato in più punti il testo. Il prossimo passo sarà l’avvio dei negoziati con il Consiglio sul testo definitivo, che comunque vada non sarà quello presentato nel giugno 2022 dalla Commissione europea.

 

Nel mandato negoziale del Parlamento europeo gli eurodeputati sottolineano che il ripristino degli ecosistemi “è fondamentale per combattere il cambiamento climatico e la perdita di biodiversità”, e come sia un aiuto importante anche nel ridurre i rischi per la sicurezza alimentare. Dunque sostengono la proposta della Commissione di attuare, entro il 2030, misure di ripristino della natura che coinvolgano almeno il 20% di tutte le aree terrestri e marine dell’Ue. Tuttavia il Parlamento propone che la normativa si applichi solo una volta che la Commissione avrà fornito dati sulle condizioni necessarie per garantire la sicurezza alimentare a lungo termine e dopo che i Paesi membri avranno quantificato le aree da ripristinare per raggiungere gli obiettivi per ogni tipo di habitat.

 

Non a caso l’Eurocamera ha cancellato l’articolo sul ripristino dei suoli agricoli, stralciando anche le misure a tutela degli impollinatori. Inoltre, la plenaria evidenzia che la proposta di legge “non impone la creazione di nuove aree protette nell’Ue, né blocca la costruzione di nuove infrastrutture per l’energia rinnovabile”, veri impianti di interesse pubblico. Il Parlamento europeo chiede, in più, di introdurre la possibilità di rinviare gli obiettivi di ripristino in caso di conseguenze socioeconomiche eccezionali. Entro 12 mesi dall’entrata in vigore del regolamento, la Commissione dovrà valutare l’eventuale divario tra le esigenze finanziarie del ripristino e i finanziamenti comunitari disponibili e in caso di un gap effettivo studiare soluzioni per colmare tale divario.

 

Partendo dal dato che oltre l’80% degli habitat europei versano in cattive condizioni, con zone umide, torbiere, pascoli e dune tra gli habitat più colpiti, nel giugno del 2022 la Commissione europea aveva formulato questa proposta di regolamento – una norma applicativa al momento dell’entrata in vigore – con obiettivi vincolanti per il ripristino della natura. Una proposta che era ben più ambiziosa rispetto alla versione uscita dalla Plenaria del Parlamento Europeo e che prevedeva tra l’altro:

  • misure di ripristino per almeno il 20% delle superfici terrestri e marine dell’UE entro il 2030 per arrivare al 100% degli ecosistemi che necessitano di essere ripristinati al 2050;
  • l’inversione del declino delle popolazioni di impollinatori entro il 2030 e dopo il loro aumento;
  • una riduzione del 50% nell’uso dei pesticidi chimici entro il 2030, con divieto di tutti i pesticidi nelle aree sensibili quali le aree verdi urbane, zone protette Natura 2000 e aree ecologicamente sensibili per gli impollinatori;
  • l’eliminazione delle barriere fluviali per almeno 25.000 km di fiumi, sempre al 2030.

Grazie ai servizi ecosistemici ogni euro investito per il ripristino della natura, nelle stime della Commissione, genererà un valore compreso tra 8 e 38 euro.

 

Visto come è uscito il testo dalla Plenaria di Strasburgo, ora bisognerà lavorare per una versione finale che recuperi almeno in parte lo spirito e le ambizioni iniziali. Da parte sua la Commissione Europea, per voce del Commissario europeo all’Ambiente Virginijus Sinkevicius, ha affermato di accogliere con grande favore il voto positivo sulla legge da parte del Parlamento Ue e di continuare ad impegnarsi per contribuire alla ricerca di soluzioni di compromesso equilibrate.

 

Meglio portare a casa una legge storica per quanto indebolita a sostegno del ripristino di natura, ambiente e biodiversità, che subire i ricatti delle destre europee o inseguire una normativa più forte ma di fatto irraggiungibile per le opposizioni che suscita. Non solo nella destra ma anche in alcune lobby, prima tra tutte l’agricoltura intensiva. Questo in estrema sintesi sembra essere anche il giudizio delle associazioni ambientaliste, come Greenpeace, Legambiente e Wwf, che con diverse sfumature hanno preso il voto del Parlamento europeo come una notizia positiva per l’ambiente e per il futuro.

 

Indubbiamente lo è, ma resta il fatto che non può passare inosservato che l’Italia in Consiglio si sia espressa contro. È un dato di fatto che pone il nostro paese dalla parte sbagliata della storia.

 


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