Ormai da tempo le imprese hanno iniziato ad indirizzare il proprio orientamento verso la sostenibilità, affiancando strategie di marketing e comunicazione volte a presentare i propri prodotti o servizi come rispettosi dell’ambiente. Diventa fondamentale che sin da subito inizino ad adottare misure per ridurre eventuali lacune di conformità, sia per ritrovarsi “in regola” una volta che le direttive diventeranno effettivamente legge, sia perché non c’è nulla di sostenibile nel dichiararsi tali senza esserlo.
Il green marketing si ritrova sempre più spesso ad andare troppo oltre la linea di confine della verità provata, tanto da diventare greenwashing, facendo venire meno i principi della veridicità, della trasparenza, della correttezza nei confronti dei consumatori. La lotta al greenwashing è diventata una questione europea, e le regole che l’UE sta definendo seguono questa direzione, limitando o negando lo spazio per affermazioni ingannevoli, non pertinenti o non scientificamente verificabili.
Il 20 febbraio 2024 è stata approvata la proposta di Direttiva sulla responsabilizzazione dei consumatori per la transizione verde, che introduce norme specifiche per contrastare il greenwashing e modifica la direttiva relativa alle pratiche commerciali sleali (Direttiva 2005/29/CE).
Al centro della direttiva, in particolare, c’è la volontà di impedire pratiche che – facendo ricorso a dichiarazioni ambientali ingannevoli o false, marchi di sostenibilità o strumenti non trasparenti – possano indurre i consumatori ad assumere decisioni commerciali che non avrebbero assunto. La direttiva non ammetterà dichiarazioni ambientali generiche, che non siano quindi comprovate da evidenze di veridicità.
Vieterà le dichiarazioni che suggeriscono un impatto sull’ambiente neutro, ridotto o positivo solo in virtù della partecipazione a sistemi di compensazione delle emissioni (offset). È previsto che nell’UE saranno autorizzati solo marchi di sostenibilità basati su sistemi di certificazione approvati o creati da autorità pubbliche.
La direttiva è in attesa del voto in plenaria, ma segue la stessa direzione: combattere le affermazioni ingannevoli o non fondate in materia ambientale da parte delle imprese. La direttiva richiederebbe infatti alle aziende di comprovare le dichiarazioni ecologiche volontarie che vengono incluse nelle azioni commerciali business-to-consumer, rispettando una serie di requisiti relativi alla loro valutazione.
Le aziende che dovranno adeguare le loro azioni in tema di green claim dovranno rispettare quattro doveri fondamentali:
Entrambe le direttive, ottenute le approvazioni definitive, necessiteranno di 24 mesi per il recepimento da parte degli Stati membri.
Sebbene non siano ancora legge, le direttive tracciano la strada del futuro e della reale sostenibilità e, proprio per tale motivo, dovrebbero essere considerate già oggi come linee guida da integrare nelle strategie aziendali per attuare un piano d’impresa sostenibile e per non incorrere in pratiche commerciali scorrette.
In AzzeroCO2, all’interno dei percorsi di sostenibilità che realizziamo a supporto delle aziende, prestiamo molta attenzione all’utilizzo delle parole che andranno a comunicare i processi realmente svolti. Tra green marketing e greenwashing bisogna scegliere da che parte stare.
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